Questione di legittimità costituzionale innanzi al Giudice Amministrativo solo se correlata alla interposta impugnativa

Decalogo dei Giudici di Palazzo Spada in ordine alle censure di legittimità costituzionale: la rimessione innanzi all’Organo ad quem presuppone una necessaria correlazione tra il sindacato di costituzionalità ed i motivi di gravame. Nell’ipotesi di sopravvenienza legislativa, ove si intraveda anche nell’atto normativo una specifica lesione, la stessa non può essere dedotta innanzi alla Giustizia Amministrativa, ma si impone la necessaria trasposizione presso il Giudice delle Leggi.   CONSIGLIO DI STATO, SEZ. IV , SENTENZA 9 marzo 2012 N° 1349  

CONSIGLIO DI STATO, SEZ. IV , SENTENZA 9 marzo 2012 1349 Pres. Trotta – est. Rocco , n.1349 – Pres. Trotta – est. Rocco

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 10030 del 2008, proposto da:
Comune di Acerra (Na), in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. Maurizio Balletta e dall’Avv. Alessio Petretti, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, via degli Scipioni, 268/A;

contro

Presidenza del Consiglio dei Ministri; Ministero dell’Interno e per il Coordinamento della Protezione Civile; Ministero Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare; Ministero dell’Economia e delle Finanze, Commissario di Governo per l’emergenza rifiuti in Campania; Commissario di Governo per la realizzazione del termovalorizzatore di Salerno, Autorità per l’energia elettrica e il gas;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. per il Lazio, Sez. I, n. 10417 dd. 19 novembre 2008, resa tra le parti e concernente la concessione di agevolazioni a impianti di termodistruzione e di gassificazione.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 11 ottobre 2011 il Cons. Fulvio Rocco e udito per l’appellante Comune l’Avv. Alessio Petretti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

1.1. Con ricorso proposto sub R.G. 2569 del 2008 innanzi al T.A.R. per il Lazio, Sede di Roma, l Comune di Acerra ha chiesto l’annullamento dell’Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3656 dd. 6 febbraio 2008, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale, Serie Generale,n. 37 dd. 13 febbraio 2008, emanata a’ sensi e per gli effetti dell’art. 5, comma 2, della L. 24 febbraio 1992 n. 225 e in forza della quale “al fine di assicurare la rapida conclusione dello stato di emergenza nel settore dei rifiuti nella regione Campania gli impianti di termodistruzione o di gassificazione che saranno realizzati nei territori del comune di Acerra, di S. Maria la Fossa e della provincia di Salerno, usufruiranno delle agevolazioni tariffarie per la vendita dell’energia elettrica di cui al provvedimento CIP 6/1992, in deroga ai commi 1117 e 1118 dell’art. 1 della L. 27 dicembre 2006 n. 296, nonché dell’art. 2, commi 136 e 137, della L. 24 dicembre 2007 n. 244”.

Il Comune ha ivi dedotto i seguenti ordini di censure.

1) Violazione dell’art. 5 comma 2, della L. 24 febbraio 1992 n. 225. Violazione dell’art. 97 Cost. e del D.P.C.M. 28 dicembre 2007. Eccesso di potere, in quanto l’ordinanza non porrebbe alcun limite temporale alla concessione del beneficio, sicché dovrebbe ipotizzarsi che l’agevolazione trascenderebbe la stessa durata dello stato di emergenza ambientale, cui pure si intenderebbe ovviare.

2) Violazione dell’art. 5, comma 2, della L. 225 del 1992 e della direttiva 2001/77/CE, atteso che il beneficio verrebbe concesso per un impianto non sussumibile nel genere di quelli destinati alla produzione di energia rinnovabile, come individuati dall’art. 2 della direttiva predetta.

3) Ulteriore violazione dell’art. 5 L. della L. 225 del 1992. e dell’art. 1, commi 1117 e 1118 della L. 27 dicembre 2006 n. 296. Violazione della direttiva 2001/77/CE, in quanto l’impianto di Acerra, non essendo stato ancora autorizzato, non avrebbe potuto usufruire delle contestate agevolazioni.

4) Violazione dell’art. 19 del Trattato sulla carta dell’energia, reso esecitivo con L. 10 novembre 1997 n. 415, atteso che, anche alla stregua della normativa comunitaria, l’impianto in questione non potrebbe definirsi di produzione di energia rinnovabile.

5) Violazione del principio di economicità e degli artt. 117 e 119 Cost., in quanto il dichiarato scopo di accelerare la realizzazione dell’opera finirebbe con l’essere pagato dagli utenti, con un aumento delle tariffe gravanti su di essi.

1.2. Si sono costituiti in giudizio la Presidenza del Consiglio dei ministri e il Commissario per l’emergenza rifiuti in Campania, i quali, in via preliminare, hanno eccepito l’improcedibilità del ricorso in dipendenza della sopravvenuta emanazione dell’art. 33, comma 1-octies, del D.L. 31 dicembre 2007 n. 248, convertito in L. 28 febbraio 2008 n. 31.

Tale disciplina legislativa avrebbe sostanzialmente recepito, infatti, il contenuto dell’ordinanza impugnata, rendendo in tal modo privo di effetti favorevoli l’eventuale accoglimento del ricorso.

Nel merito, le Amministrazioni resistenti hanno comunque contro dedotto alle singole censure formulate dal ricorrente Comune, chiedendo comunque in via subordinata la reiezione del ricorso.

1.3. Con sentenza n. 10417 dd. 19 novembre 2008 la Sezione I del T.A.R. adito ha dichiarato il ricorso improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse alla sua decisione.

Secondo il giudice di primo grado, l’art. 33 comma 1-octies D.L. 31 dicembre 2007 n. 248, convertito in L. 28 febbraio 2008 n. 31, ha in effetti trasfuso in un testo normativo di rango primario il deliberato oggetto del provvedimento impugnato.

Il medesimo giudice ha quindi rilevato che, a fronte di tale mutamento del quadro ordinamentale, il Comune di Acerra nulla ha obiettato, per cui il giudicante dovrebbe limitarsi ad individuare la ricaduta che il mutamento medesimo è suscettibile di comportare nel giudizio in corso, il cui unico oggetto era – e rimane – l’ordinanza impugnata, posto che non si potrebbe “attribuire alcun significato alla condotta processuale del ricorrente, che va considerata in se stessa, quale semplice inattività, che potrebbe sottintendere anche la decisione di prestare acquiescenza, per le ragioni ovviamente più varie, all’operato del legislatore”; e, tantomeno l’indagine potrebbe “essere estesa a verificare l’incidenza della legge-provvedimento sull’atto impugnato e, soprattutto, la legittimità della stessa, in quanto, seppure l’ordinamento giuridico consente al giudice di sollevare d’ufficio le questioni di costituzionalità, è pur vero che, in un giudizio di parti, quale è quello amministrativo, è onere dell’interessato controdedurre sia in punto di rilevanza che di non manifesta infondatezza della questione di costituzionalità della norma sopravvenuta”: e ciò varrebbe, in particolare, “per il primo aspetto, riguardante gli effetti – appunto, sostanziali – che quest’ultima è in grado di produrre sull’assetto originariamente fornito dal provvedimento amministrativo”.

Pertanto, il T.A.R. ha reputato del tutto “evidente che l’emanazione di un testo legislativo, che sostituisce integralmente il contenuto di un provvedimento, al quale si sovrappone, determina la sostanziale inutilità di un’eventuale sentenza di accoglimento del ricorso, la quale agirebbe su un atto insuscettibile di produrre effetti”.

Il giudice di primo grado ha comunque integralmente compensato tra le parti le spese e gli onorari del giudizio.

2.1. Avverso tale sentenza il Comune di Acerra ha proposto l’appello in epigrafe, chiedendone la riforma e deducendo al riguardo i seguenti motivi.

1) Error in iudicando, travisamento dei fatti e dei presupposti e violazione dell’art. 33, comma 1-octies, del D.L. 31 dicembre 2007 n. 248, introdotto dalla Legge di conversione 28 febbraio 2008 n. 31).

Il Comune rileva in tal senso che l’Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3656 del 6 febbraio 2008, impugnata in primo grado, testualmente dispone che “gli impianti di termodistruzione o gassificazione che saranno realizzati nei territori del Comune di Acerra, di S. Maria La Fossa e della provincia di Salerno usufruiranno delle agevolazioni tariffarie per la vendita dell’energia elettrica di cui al provvedimento CIP 6/1992, in deroga ai commi 1117 e 1118

dell’art. 1 della L. 296 del 2006, nonché dell’art. 2, commi 136 e 137, della L. 244 del 2007” e che – viceversa – l’art. 33 comma 1-octies D.L. 248 del 2007, come introdotto dalla legge di conversione 28 febbraio 2008 n. 31, dispone che “per l’impianto di termodistruzione localizzato nel territorio di Acerra della regione Campania spettano, anche in deroga ai commi 1117 e 1118 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e successive modificazioni, e al comma 137 dell’articolo 2 della L. 24 dicembre 2007, n. 244, i finanziamenti e gli incentivi pubblici di competenza statale previsti dalla deliberazione del Comitato interministeriale prezzi n. 6 del 29 aprile 1992”.

Secondo la difesa del Comune, la sentenza di primo grado risulterebbe “palesemente erronea e smentita per tabulas laddove afferma che la disciplina di legge sopravvenuta “produce l’effetto di trasfondere fedelmente in un testo normativo di rango primario il deliberato oggetto del provvedimento impugnato”: e ciò in quanto l’ordinanza impugnata in primo grado reca la concessione degli incentivi di cui alla deliberazione CIP n. 6 del 1992 a favore di tre costruendi impianti di termodistruzione campani (Acerra, S.Maria La Fossa e Provincia di Salerno), nel mentre la susseguente disciplina legislativa si riferisce, invece, al solo impianto di Acerra.

In conseguenza di ciò, secondo la prospettazione dell’appellante permarrebbe l’interesse del Comune di Acerra ad ottenere una favorevole decisione, dalla quale conseguirebbe la riduzione della quota A3della propria bolletta elettrica per effetto dell’annullamento della concessione dell’incentivo CIP 6 agli altri due costruendi impianti campani.

In conseguenza di ciò, quindi, il giudice di primo grado avrebbe erroneamente dichiarato improcedibile il ricorso proposto in primo grado.

2) Error in iudicando e violazione dell’art. 1 della L. Cost. 9 febbraio 1948 n. 1 e dell’art. 23, terzo comma, della L. 11 marzo 1953 n. 87.

Secondo l’appellante, il giudice di primo grado, pur sospettando l’illegittimità

costituzionale del sopravvenuto art. 33 comma 1-octies D.L. 248 del 2007 introdotto dalla L. di conversione 31 del 2008, ha nondimeno statuito che “in un giudizio di parti, quale è quello amministrativo, è onere dell’interessato controdedurre sia in punto di rilevanza che di non manifesta infondatezza della questione di costituzionalità della norma sopravvenuta”, reputando quindi di non poter proporre d’ufficio la questione di legittimità cosituzionale.

Tale statuizione sarebbe erronea in quanto contrastante con l’art. 1 della L. Cost. 1 del 1948 e con l’art. 23, terzo comma, della L. 87 del 1953; né l’appellante sottace che, secondo quanto affermato in proposito da Cons. Stato, A.P. 8 aprile 1963 n. 8, al fine di decidere il merito della controversia, il giudice amministrativo può proporre d’ufficio la questione di legittimità costituzionale, poiché tale potere è attribuito da una norma costituzionale, e che tale potere “non trova limite nel disposto della legge ordinaria in base alla quale, il giudice amministrativo può decidere solo su motivi dedotti dal ricorrente” (affermazione, questa, susseguentemente condivisa – ad esempio – anche da T.A.R. Lazio, Roma, III, 9 giugno 1980 n. 583, da Cons. Stato, Sez. V, 6 febbraio 1999 n. 138 e da T.A.R. Lombardia, Brescia, 21 ottobre 2002 n. 1150).

3) Error in iudicando. Violazione della regola della primazia del diritto comunitario.

L’appellante Comune afferma che, anche a prescindere dalla rilevabilità di ufficio della questione incidentale di legittimità costituzionale della sopravvenuta norma di legge, il giudice di primo grado, in applicazione del principio di primazia del diritto comunitario, avrebbe dovuto disapplicare – o meglio, non applicare – il sopravvenuto art. 33, comma 1-octies del D.L. 2007 n. 248 convertito in L. 31 del 2008, in quanto la relativa norma contrasterebbe in modo ben evidente con l’art. 2

della direttiva 2001/77/CE del Parlamento Europeo del 27 settembre 2001, non essendo l’energia prodotta dal costruendo impianto di incenerimento di Acerra qualificabile come proveniente da fonte rinnovabile, nonché con l’art. 174 del Trattato sull’Unione Europea.

Il T.A.R. avrebbe pertanto illegittimamente ed erroneamente applicato la norma nazionale sopravvenuta contrastante con il diritto comunitario, dichiarando, per effetto della sua

erronea applicazione, l’improcedibilità del ricorso.

Essendo pertanto il ricorso di primo grado procedibile, il Comune di Acerra ha pertanto pedissequamente riproposto nell’atto di appello tutte le censure da esso già formulate in primo grado avverso l’ordinanza ivi impugnata.

2.2. Non si sono costituite nel presente grado di giudizio le Amministrazioni intimate.

3. Alla pubblica udienza dell’11 ottobre 2011 la causa è stata trattenuta per la decisione.

4.1. Tutto ciò premesso, l’appello va respinto.

4.2. Come detto innanzi, il Comune ha prospettato la permanenza di un proprio interesse alla decisione del ricorso da esso proposto in primo grado rilevando che l’ordinanza ivi impugnata reca la concessione degli incentivi di cui alla deliberazione CIP n. 6 del 1992 a favore di tre costruendi impianti di termodistruzione campani (Acerra, S.Maria La Fossa e Provincia di Salerno), nel mentre la susseguente disciplina legislativa riproduce il testo dell’ordinanza medesima soltanto per quanto attiene all’impianto di Acerra e che, in dipendenza di tale circostanza, l’ordinanza medesima seguiterebbe pertanto a dispiegare i propri effetti per quanto segnatamente attiene al Comune di S. Maria La Fossa e alla Provincia di Salerno, con la conseguenza che, nell’ipotesi di accoglimento del ricorso stesso, l’Amministrazione Comunale di Acerra otterrebbe la riduzione della quota A3 della propria bolletta elettrica, ossia della componente tariffaria destinata alla promozione della produzione di energia da fonti rinnovabili e assimilate, la quale notoriamente ha subito dal 2010 forti incrementi, soprattutto per le aziende.

Tale effetto finanziario favorevole per il Comune discenderebbe, per l’appunto, dall’annullamento della concessione dell’incentivo di cui alla deliberazione CIP n. 6 del 1992 agli altri due costruendi impianti campani, stabilita dall’ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3656 del 6 febbraio 2008

Ad avviso del Collegio – tuttavia – tale asserito interesse risulta, a ben vedere, del tutto antitetico rispetto a quello fatto ab origine valere dal Comune medesimo all’atto della proposizione del ricorso innanzi al T.A.R., posto che mediante tale impugnativa l’Amministrazione Comunale non aveva per certo inteso perseguire lo scopo di una riduzione della propria bolletta elettrica, ma aveva voluto in realtà opporsi alla realizzazione nel proprio territorio dell’impianto di cui trattasi sostenendo che l’energia prodotta non potrebbe configurarsi come proveniente da fonte rinnovabile e che, quindi, non rientrerebbe nella tipologia di cui all’art. 2 della direttiva 2001/77/CE del Parlamento Europeo del 27 settembre 2001.

Né va sottaciuto che il nuovo interesse con ciò prospettato dal Comune ora appellante, sostanziando di fatto un motivo nuovo di ricorso, avrebbe comunque dovuto essere dedotto in primo grado di giudizio e non già in sede di appello, con conseguente necessità di notificazione del motivo medesimo al Comune di S. Maria La Fossa e alla Provincia di Salerno quali parti all’evidenza controinteressate: notificazione, nella specie, non avvenuta.

Da tutto ciò pertanto discende che l’avvenuta recezione in una specifica fonte legislativa della disciplina segnatamente relativa all’impianto di Acerra e già contenuta nell’anzidetta ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3656 del 6 febbraio 2008 ha ipso facto determinato l’estinzione in capo all’Amministrazione Comunale del proprio originario interesse a ricorrere, posto che non sussiste più alcun provvedimento amministrativo che lede la sfera giuridica del Comune medesimo, ma solo una disposizione di legge che deve a sua volta trovare esecuzione mediante specifici e puntuali provvedimenti amministrativi allo stato non noti e che, comunque, l’attuale appellante non risulta aver espressamente impugnato.

Il giudice di primo grado avrebbe potuto pervenire ad una soluzione diversa soltanto nel caso in cui l’Amministrazione Comunale avesse impugnato, congiuntamente all’ordinanza predetta, eventuali atti esecutivi della stessa, puntualmente individuati, e che dopo l’avvenuta recezione del contenuto dell’ordinanza medesima nella fonte legislativa avrebbero comunque potuto trovare un proprio nuovo presupposto nello ius superveniens di rango legislativo.

Ma, poiché tutto ciò non è avvenuto, risulta altrettanto evidente che nella presente fattispecie è del tutto inconferente l’assunto dell’appellante secondo il quale il giudice di primo grado avrebbe illegittimamente omesso di proporre d’ufficio la questione di costituzionalità dello ius superveniensanzidetto innanzi al giudice delle leggi.

Per certo, la sussistenza di tale facoltà del giudice amministrativo non è in discussione.

Semmai, per il caso di specie, va rilevato che la questione di costituzionalità prospettata dall’appellante difetta di rilevanza e di attualità proprio in quanto essa, per effetto dell’avvenuta recezione in legge del materiale normativo già a suo tempo introdotto dall’ordinanza anzidetta, non può più inerire ad alcun provvedimento reso oggetto di impugnativa innanzi al giudice amministrativo.

Come è ben noto, nel giudizio amministrativo la questione di legittimità costituzionale sollevabile d’ufficio è solo quella la cui fondatezza può essere rivista come rilevante in quanto strumentale alla positiva definizione delle censure concretamente svolte in ricorso, mentre non può investire aspetti ulteriori che non siano stati dedotti in controversia (cfr. sul punto, ad es., Cons. Stato, Sez. VI, 25 agosto 2009 n. 5058); e da ciò pertanto consegue che è inammissibile la questione di legittimità costituzionale sollevata indipendentemente dall’impugnazione dell’atto che implica attuazione della norma di legge che si assume contraria al dettato costituzionale, non essendo notoriamente consentita, nel vigente ordinamento, la diretta sollecitazione, nei confronti del giudice delle leggi, a una pronuncia di verifica della costituzionalità della norma.

Invero, la sopravvenienza di una “legge-provvedimento”, ossia di un atto formalmente legislativo che tiene, tuttavia, luogo di provvedimenti amministrativi in quanto dispone in concreto su casi e rapporti specifici, determina ex se l’improcedibilità del ricorso proposto contro l’originario atto amministrativo, in quanto il sindacato del giudice amministrativo incontra un limite insormontabile nell’intervenuta legificazione del provvedimento amministrativo.

Invero, nel caso di approvazione con legge di un atto amministrativo lesivo dei propri interessi, i diritti di difesa del soggetto leso non vengono ablati, ma si trasferiscono dalla giurisdizione amministrativa alla giustizia costituzionale: e il corollario di tale ricostruzione dogmatica dell’assetto di tutela delle posizioni incise dalla legge-provvedimento è, dunque, la valorizzazione della pregnanza del sindacato costituzionale di ragionevolezza della legge, sino a renderlo anche più incisivo di quello giurisdizionale sull’eccesso di potere, e ciò in modo da riconoscere al privato, seppur nella forma indiretta della rimessione della questione alla Consulta da parte del giudice amministrativo, una forma di protezione ed un’occasione di difesa pari a quella offerta dal sindacato giurisdizionale degli atti amministrativi (Consiglio di Stato, IV Sezione, 19 Ottobre 2004 n. 6727).

In altri termini, il riconoscimento in capo al legislatore di un vasto ambito di discrezionalità deve essere opportunamente bilanciato attraverso la sottoposizione del relativo potere di apprezzamento al vaglio di costituzionalità sotto il profilo della non arbitrarietà e della ragionevolezza delle scelte: sindacato, questo, tanto più rigoroso quanto più marcata è la natura provvedimentale dell’atto sottoposto a controllo, e che peraltro investe – in considerazione della natura di atto sostanzialmente amministrativo della legge-provvedimento – anche gli atti amministrativi che ne sono il presupposto.

Ma rimane comunque fermo che anche per l’ingresso alla garanzia propria del sindacato di costituzionalità devono in ogni caso essere espressamente e puntualmente impugnati innanzi al giudice amministrativo gli atti di ulteriore esecuzione della legge-provvedimento stessa, posto che solo in tal modo può estrinsecarsi a’ sensi dell’art. 23 e ss. della L. 11 marzo 1953 n. 87 sia il giudizio di rilevanza e di non manifesta infondatezza della questione da parte del giudice a quo, sia il necessario seguito del giudizio presso quest’ultimo dopo l’esito dell’incidente di costituzionalità con l’eventualità, nel caso di pronuncia caducatoria della legge-provvedimento, anche dell’annullamento da parte del giudice amministrativo degli anzidetti atti applicativi innanzi a lui impugnati.

Quanto testè esposto risulta perfettamente trasponibile anche alla richiesta dell’appellante di disapplicazione dello ius superveniens predetto, ovvero di formulazione di un interpello incidentale alla Corte di Giustizia UE, a’ sensi dell’art. 234 del Trattato sul Funzionamento della Comunità Europea, posto che anche per tale ipotesi difetta, in difetto di un atto applicativo della fonte legislativa sospettata di difformità rispetto alla sovrastante fonte normativa comunitaria, il presupposto stesso per l’eventuale disapplicazione della norma di diritto interno riconosciuta incompatibile con il diritto comunitario.

5. Le spese e gli onorari del presente grado di giudizio possono essere integralmente compensati tra le parti.

Va peraltro dichiarato irripetibile il contributo unificato di cui all’art. 9 e ss. del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 e successive modifiche.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Compensa integralmente tra le parti le spese e gli onorari del giudizio.

Dichiara irripetibile il contributo di cui all’art. 9 e ss. del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

 

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Studio Legale Avvocato Francesco Noto – Cosenza

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