Motivazione in re ipsa per il provvedimento prefettizio di sospensione del consiglio comunale per dimissioni della maggioranza dei componenti.

Le ragioni d’urgenza  del provvedimento prefettizio che anticipa lo scioglimento del consiglio comunale ex art. 141, lett. b), n. 3, D.lgs. N° 267 del 2000, stante la autonoma efficacia giuridica delle dimissioni rassegnate della maggioranza consiliare, devono ritenersi ipso iure insite nella causa stessa di scioglimento. Consiglio di Stato, Sez. Vª, 27 Aprile 2012, N° 2444. 

 

N. 02444/2012REG.PROV.COLL.
N. 09847/2003 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9847 del 2003, proposto da: Ministero dell’Interno, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12; Prefettura (U.T.G.) di Frosinone;
contro
Gentile Loreto, Petitta Vittoria, Mele Sante, Lecce Mario e Mele Filippo, rappresentati e difesi dall’avv. Loreto Gentile, con domicilio eletto presso l’avv. Ruggero Frascaroli in Roma, viale Regina Margherita, 46; Iannotta Vincenzo, Lecce Giuseppe, Pantano Adamo, Longo Aurelio, Lecce Domenico, Di Carlo Giovanni e Ferri Mario, rappresentati e difesi dagli avv. Cesidio Di Gravio e Mario Di Domenico, con domicilio eletto presso l’avv. Mario Di Domenico in Roma, Circonvallazione Nomentana, 488;
nei confronti di
Comune di Posta Fibreno;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LAZIO – SEZ. STACCATA DI LATINA n. 00871/2003, resa tra le parti, concernente SCIOGLIMENTO DI CONSIGLIO COMUNALE E NOMINA COMMISSARIO PREFETTIZIO
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 10 gennaio 2012 il Cons. Paolo Giovanni Nicolo’ Lotti e uditi per le parti gli avvocati Fiorentino dell’Avvocatura Generale dello Stato e Gentile;
FATTO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Latina, con la sentenza n. 871 del 24 ottobre 2003, ha accolto il ricorso proposto dagli odierni appellati per l’annullamento del decreto prefettizio con cui era stato sospeso il Consiglio Comunale di Posta Fibreno e nominato il Commissario per la provvisoria amministrazione di detto Comune e del d.P.R. di scioglimento di detto Consiglio e di nomina del Commissario.
Il TAR fondava la sua decisione rilevando, sinteticamente, che il decreto prefettizio era carente di motivazione in ordine ai motivi di grave urgenza e necessità, da intendersi quali motivi ulteriori rispetto alle dimissioni ultra dimidium dei consiglieri comunali che, comunque, sempre per il TAR, non avrebbe fatto venire meno il controllo politico del Consiglio su Sindaco e Giunta; e che il d.P.R. di scioglimento non avrebbe considerato il fatto che la Giunta, pur decaduta, sarebbe comunque rimasta in carica per prorogatio ex lege, con la conseguenza che non avrebbe potuto, il Commissario nominato,esercitare i poteri della Giunta e del Sindaco.
Secondo l’appellante la sentenza merita integrale riforma traendo fondamento da ragionamenti erronei, che vengono puntualmente contestati con l’atto di appello.
Si costituivano i controinteressati chiedendo il rigetto dell’appello e proponendo appello incidentale ove veniva riformulati i motivi non esaminati dal TAR.
All’udienza pubblica del 10 gennaio 2012 la causa veniva trattenuta in decisione.
DIRITTO
Ritiene il Collegio che l’appello sia fondato.
Infatti, in primo luogo deve essere disatteso il ragionamento del TAR secondo cui la sospensione e lo scioglimento del Consiglio non determinano anche la cessazione dalla carica della Giunta.
Al contrario, ritiene il Collegio che proprio le funzioni del Commissario, volte a garantire la ripresa del processo democratico in seno alla comunità locale, al fine di ricomporre e superare la crisi istituzionale determinatasi nell’ente, in una posizione di evidente neutralità rispetto agli interessi contrapposti che confluiscono nelle varie forse politiche, rende evidente che sia non solo indispensabile, bensì anche insita nella stessa figura in esame, la circostanza che il Commissario debba sostituire gli organi di rappresentanza politica dell’Ente Locale.
A contrariis, risulterebbe evidentemente compromessa la funzione di garanzia e di terzietà che assume il Commissario stesso, che è funzionale a condurre l’ente al rinnovo elettorale dei propri organi di governo, funzione che sarebbe compromessa, rendendone impossibile l’esercizio, in presenza di una Giunta ancora pienamente operante, come ha ritenuto il TAR.
Occorre ancora rilevare che questo Consiglio ha più volte ribadito che, con le dimissioni ultra dimidium, si realizza una delle cause di impedimento del normale funzionamento degli organi e dei servizi di cui alla lett. b) del comma 1, dell’art. 141, T.U.E.L., cioè un fatto sul quale l’ordinamento ha già espresso un giudizio di disvalore, prevedendo la procedura di scioglimento con decreto del Capo dello Stato, per cui i motivi che giustificano la sospensione (e che già in parte trovano giustificazione nei motivi di scioglimento stabiliti dalla norma stessa), non necessitano di conseguenza di una estesa e penetrante motivazione, avendo un contenuto di ampia discrezionalità, sindacabile soltanto per palese illogicità (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 12 agosto 2009, n. 4936).
Inoltre, la giurisprudenza amministrativa ha precisato ulteriormente che l’art. 141, lett. b), n. 3, d.lgs. 267-2000, ove è disciplinata l’ipotesi di scioglimento del Consiglio comunale per dimissioni contestuali della metà più uno dei consiglieri, non introduce una diversa e speciale forma di dimissioni rispetto a quella regolamentata dall’art. 38 del medesimo d.lgs., intendendo il legislatore, con la norma in esame, semplicemente far scaturire un preciso effetto giuridico (lo scioglimento dell’organo) al verificarsi di un mero fatto (le contestuali dimissioni di più della metà dei consiglieri), sulla base della presunzione che la contestuale presentazione delle dimissioni della metà più uno dei consiglieri sottende la volontà politica di sciogliere il Consiglio (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 17 novembre 2009, n. 7166).
Non si configura, pertanto, un “atto collettivo” (negoziale) di dimissioni, unitario e plurimo allo stesso tempo, bensì a un mero fatto consegue l’effetto dissolutorio previsto dalla norma.
In ultima analisi, l’atto di rassegnazione delle dimissioni è un atto giuridico in senso stretto, cioè un atto i cui effetti giuridici non dipendono dalla volontà dell’agente, ma sono disposti dall’ordinamento, senza riguardo all’intenzione di colui che li pone in essere; è, infatti, atto irrevocabile, non ricettizio e immediatamente efficace (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 17 novembre 2009, n. 7166).
Inoltre, con riferimento alla prorogatio, che costituisce ulteriore argomentazione spesa dal TAR a sostegno della sua decisione, si deve rilevare come tale istituto non abbia applicazione generalizzata, ma operi solo con riferimento a specifiche situazioni tassativamente determinate, come risulta dalla l. 444 del 1994, nella quale la decadenza della Giunta, nell’ipotesi in oggetto, non è prevista e, anzi, come detto, gli effetti sono direttamente tratti dalla legge.
Con riferimento, invece, al decreto di sospensione prefettizio, che ha anticipato il decreto di scioglimento del Consiglio emanato dal Presidente della Repubblica, risulta evidente la sopravvenuta carenza di interesse alla sua decisione, trattandosi di una mera misura interinale, di tipo cautelare, del tutto superata dalla definitiva adozione dell’atto di scioglimento.
In ogni caso, a volere esaminare nel merito tale provvedimento, si deve ritenere che tale provvedimento di sospensione, di natura cautelare, deve essere modulato in relazione alle diverse ipotesi di scioglimento del Consiglio dell’Ente Locale previste dalla legge.
E’ chiaro che, nell’ipotesi in esame, come correttamente ha rilevato anche l’Amministrazione, i motivi di grave e urgente necessità che devono essere posti alla base del decreto di sospensione e di nomina provvisoria del Commissario, sono da ritenersi impliciti nel caso di dimissioni ultra dimidium dei Consiglieri, venendo altrimenti meno, in modo gravemente pericoloso per il regolare funzionamento dell’Ente, la maggioranza dell’organo rappresentativo, con conseguente nocumento alle garanzie che l’organo consigliare, nella sua regolare composizione, assicura alla vita della Comunità Locale.
Proprio tali rilievi rendono evidente l’infondatezza dell’appello incidentale (con riferimento al primo motivo dedotto), trattandosi, come detto, di motivi di grave ed urgente necessità deducibili  ipso iure dalle stesse cause dello scioglimento, che rendono altresì irrilevanti le ragioni delle dimissioni dei Consiglieri, sulle quali non era in alcun modo indispensabile una specifica istruttoria. Inoltre, a conferma dell’infondatezza dell’appello incidentale (con riferimento al secondo motivo dedotto), si deve ritenere che proprio le funzioni del Commissario, volte a garantire la ripresa del processo democratico in seno alla comunità locale, al fine di ricomporre e superare la crisi istituzionale determinatasi nell’ente, in una posizione di evidente neutralità rispetto agli interessi contrapposti che confluiscono nelle varie forse politiche, rende evidente la necessità costituzionale della norma del T.U.E.L., qui in esame, che consente al Presidente dalla Repubblica, garante dell’Unità giuridica della Repubblica, di sciogliere il Consiglio e di nominare un Commissario, in funzione di garanzia, per condurre l’ente al rinnovo elettorale dei propri organi di governo.
Pertanto, alla luce delle predette argomentazioni, l’appello deve essere accolto e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, deve essere respinto il ricorso di primo grado.
L’appello incidentale deve essere respinto.
Le spese di lite del presente grado di giudizio possono essere compensate, sussistendo giusti motivi.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta),
definitivamente pronunciando sull’appello come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso di primo grado.
Respinge l’appello incidentale.
Compensa, tra le parti, le spese di lite del presente grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 10 gennaio 2012 con l’intervento dei magistrati:
Pier Giorgio Trovato, Presidente
Francesco Caringella, Consigliere
Carlo Saltelli, Consigliere
Manfredo Atzeni, Consigliere
Paolo Giovanni Nicolo’ Lotti, Consigliere, Estensore
L’ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 27/04/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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Studio Legale Avvocato Francesco Noto – Cosenza

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