La realizzazione dell’opera pubblica, a fronte di procedura ablativa illegittima, non costituisce ex se circostanza ostativa alla riduzione in pristino nei confronti del privato

In parziale difformità ad altre pronunce emesse sul punto, l’Alto Consesso Amministrativo ritiene che, nell’ambito di una vicenda ablativa illegittima (sia essa occupazione occupativa ovvero usurpativa), la realizzazione medio tempore dell’opera pubblica sia un mero fatto, inidoneo a precludere la richiesta di tutela in forma specifica avanzata dal proprietario dei suoli. Ciò in quanto la trasformazione delle aree non costituisce autonomo titolo di acquisto, imponendosi comunque la spendita del potere sanante, nelle forme dell’art. 42 bis T.U. Espropri. Ove l’amministrazione non si avvalga del favor accordato dalla previsione legislativa citata, ad istanza del subiectus si impone la restituzione dei suoli e la riduzione in pristino. Consiglio di Stato, Sez IVª, Sentenza 29 Agosto 2012, N° 4650. 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8189 del 2009, proposto da:
Comune di Nola, rappresentato e difeso dagli avv. Sabatino Rainone, Giuseppe Manzo, con domicilio eletto presso Francesco Mangazzo in Roma, via Alessandro III, 6;

contro

Michele Graziano, Gilda Siano, rappresentati e difesi dagli avv. Michele Franco, Riccardo Satta Flores, con domicilio eletto presso Claudia De Curtis in Roma, via Marianna Dionigi, 57;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. CAMPANIA – NAPOLI: SEZIONE V n. 02212/2009, resa tra le parti, concernente risarcimento danni relativo a occupazione ed espropriazione per pubblica utilità

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Michele Graziano e di Gilda Siano;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 31 gennaio 2012 il Cons. Oberdan Forlenza e uditi per le parti gli avvocati Fausto Buccellato in sostituzione di Sabatino Rainone, Enrico Soprano in sostituzione di Riccardo Satta Flores;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con l’appello in esame il Comune di Nola impugna la sentenza 29 aprile 2009 n. 2212, con la quale il TAR per la Campania, sez. IV, in accoglimento del ricorso proposto dai signori Graziano Michele e Siano Gilda, ha condannato detto Comune al risarcimento del danno derivante dalla irreversibile trasformazione del fondo di loro proprietà, poiché destinato alla realizzazione di 19 aule della scuola elementare in loc. Feudo.

Ha ritenuto il TAR che, poiché gli atti della procedura espropriativa (ivi compreso il decreto di occupazione) sono stati dichiarati illegittimi e tuttavia l’opera è stata realizzata in assenza di decreto di esproprio,, nel caso di specie “l’impossessamento perpetrato dal Comune di Nola dei beni di proprietà dei ricorrenti per operare una trasformazione irreversibile degli stessi, deve senz’altro considerarsi illecito e fonte di responsabilità aquiliana”.

Tanto premesso, la sentenza appellata – in applicazione dell’art. 35, co. 2, d. lgs. n. 80/1998 – ha in particolare statuito:

– entro il termine di sessanta giorni (decorrente dalla notificazione o comunicazione della sentenza stessa), “il Comune e le parti ricorrenti potranno addivenire ad un accordo con effetti traslativi della proprietà, in base al quale la proprietà passa al Comune e alle parti ricorrenti è corrisposta la somma specificamente individuata dall’accordo stesso, la quale dovrà essere determinata in base alle disposizioni del Testo Unico sugli espropri (in specie ai sensi dell’art. 43, co. 6, del DPR n. 327/2001) e comunque nel rispetto del principio del ristoro integrale del danno subito”;

– tale somma dovrà comprendere “il danno per il periodo di utilizzazione senza titolo del bene, nonché il danno . . . arrecato al soprasuolo (manufatto colonico, piante e colture di ortaggi)”, e dovrà essere “depurata di ogni eventuale corresponsione di somme medio tempore eseguita in favore della parte ricorrente”;

– ove ciò non avvenga, sarà possibile per il Comune, ai sensi dell’art. 43 DPR n. 327/2001, emettere “un formale e motivato decreto con cui potrà disporre l’acquisizione dell’area al suo patrimonio indisponibile”, risarcendo per equivalente il danno arrecato.

Avverso tale decisione, il Comune di Nola ha proposto i seguenti motivi di impugnazione:

a) error in iudicando in ordine alla presunta imprescrittibilità del diritto al risarcimento danni conseguenti all’occupazione sine titulo del fondo; violazione e falsa applicazione artt. 2043 e 2947 c.c.; poiché deve essere considerata l’intervenuta accessione cd. invertita e quindi la sussistenza di un termine di prescrizione di cinque anni. Ciò in quanto “violativa del principio di legalità risulta essere la creazione giurisprudenziale dell’imprescrittibilità del diritto al risarcimento dei danni derivanti da occupazione appropriativa”;

b) error in procedendo; error in iudicando in ordine al riconoscimento del diritto al risarcimento danni da soprasuolo; violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato; violazione e falsa applicazione art. 112 c.p.c.; poiché non vi è mai stata domanda di risarcimento danni per le causali suddette.

Si sono costituiti in giudizio i signori Graziano Michele e Gilda Siano, che hanno concluso per il rigetto dell’appello, stante la sua infondatezza.

All’udienza di trattazione, la causa è stata riservata in decisione.

DIRITTO

L’appello è infondato e deve essere, pertanto, rigettato, con le conseguenze di seguito esposte..

Il Collegio ritiene che, ai fini della definizione della presente controversia, occorre considerare

– sia l’intervenuta espunzione dal nostro ordinamento dell’istituto dell’acquisizione de facto della proprietà in mano pubblica, a seguito della realizzazione di un’opera pubblica;

– sia l’intervenuto annullamento dell’art. 43 DPR n. 427/2001;

– sia l’intervenuta introduzione – proprio a seguito della pronuncia della Corte costituzionale – nel nostro ordinamento (ed in particolare nel Testo Unico Espropriazioni di cui al DPR n. 327/2001), dell’art. 42-bis.

Quanto al primo aspetto, questa Sezione ha già precisato (Consiglio di Stato, sez. IV, 30 gennaio 2006, n. 290; 7 aprile 2010 n. 1983) che l’intervenuta realizzazione dell’opera pubblica non fa venire meno l’obbligo dell’amministrazione di restituire al privato il bene illegittimamente appreso; e ciò superando l’interpretazione che riconnetteva alla costruzione dell’opera pubblica e all’irreversibile trasformazione effetti preclusivi o limitativi della tutela in forma specifica del privato.

Infatti, partendo dall’esame della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, deve ritenersi che il quadro normativo e giurisprudenziale nazionale previgente non fosse aderente alla Convenzione europea e, in particolare, al Protocollo addizionale n. 1 (sentenza Cedu 30 maggio 2000, ric. 31524/96).

Nella sentenza citata, la Corte ha ritenuto che la realizzazione dell’opera pubblica non costituisca impedimento alla restituzione dell’area illegittimamente espropriata, e ciò indipendentemente dalle modalità – occupazione acquisitiva o usurpativa – di acquisizione del terreno. Per tali ragioni, il proprietario del fondo illegittimamente occupato dall’amministrazione, ottenuta la declaratoria di illegittimità dell’occupazione e l’annullamento dei relativi provvedimenti, può legittimamente domandare nel giudizio di ottemperanza sia il risarcimento, sia la restituzione del fondo che la sua riduzione in pristino.

La realizzazione dell’opera pubblica sul fondo illegittimamente occupato è in sé un mero fatto, non in grado di assurgere a titolo dell’acquisto, come tale inidoneo a determinare il trasferimento della proprietà, per cui solo il formale atto di acquisizione dell’amministrazione può essere in grado di limitare il diritto alla restituzione, non potendo rinvenirsi atti estintivi (rinunziativi o abdicativi, che dir si voglia) della proprietà in altri comportamenti, fatti o contegni.

Ne discende (fermo quanto di seguito esposto) che, nelle more dell’introduzione del nuovo art. 42-bis e dopo l’annullamento per illegittimità costituzionale dell’art. 43 T.U. espropriazioni, la giurisprudenza di questa Sezione ha affermato che è obbligo primario dell’amministrazione procedere alla restituzione della proprietà illegittimamente detenuta.

Quanto al secondo aspetto, osserva la Sezione che, stante la sopravvenuta declaratoria di illegittimità costituzionale dell’art. 43 DPR n. 327/2001 (Testo unico espropriazioni), per effetto della sentenza della Corte Costituzionale 4 ottobre 2010 n. 293, non può più essere azionato il meccanismo procedimentale accelerato ivi previsto.

D’altra parte, l’amministrazione deve valutare l’attivazione di quanto ora previsto dall’art. 42-bis DPR n. 327/2000, sulla base dei criteri indicati dalla giurisprudenza di questa Sezione (si veda Cons. Stato, sez. IV, 16 marzo 2012 n. 1514).

Quanto esposto comporta, a tutta evidenza (prescindendosi da ogni valutazione in ordine alla ammissibilità del motivo, avanzata dagli appellati), il rigetto del primo motivo di appello, poiché, negandosi ogni trasferimento della proprietà per effetto della irreversibile trasformazione del bene illegittimamente appreso, appare palese la natura permanente dell’illecito dell’amministrazione (finchè dura l’illegittima occupazione del bene senza che vi sia un eventuale titolo idoneo a determinare il trasferimento della proprietà in capo all’amministrazione medesima).

Quanto al secondo motivo, lo stesso – in disparte ogni considerazione in ordine alla sua genericità – risulta contraddetto dagli atti di causa, come condivisibilmente argomentato dagli appellati (v. pag. 3 memoria).

Per le ragioni esposte, l’appello deve essere rigettato, fermo restando il potere dell’amministrazione di valutare l’attivazione di quanto previsto dall’art. 42 bis DPR n. 327/2001.

Le spese seguono la soccombenza e vanno determinate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

definitivamente pronunciando sull’appello proposto dal Comune di Nola (n. 8189/2009 r,g,), lo rigetta e, per l’effetto, conferma, con le precisazioni di cui in motivazione, la sentenza impugnata.

Condanna il Comune di Nola al pagamento, in favore degli appellati, delle spese, diritti ed onorari di giudizio, che liquida in complessivi Euro tremila/00 (3.000,00), oltre accessori come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 31 gennaio 2012 con l’intervento dei magistrati:

Giorgio Giaccardi, Presidente

Sergio De Felice, Consigliere

Raffaele Potenza, Consigliere

Andrea Migliozzi, Consigliere

Oberdan Forlenza, Consigliere, Estensore

L’ESTENSORE IL PRESIDENTE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 29/08/2012

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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Studio Legale Avvocato Francesco Noto – Cosenza

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