Le valutazioni di congruità possono essere operate dalla stazione appaltante servendosi anche di documenti estranei alla gara d’appalto, senza possibilità per il concorrente di modificare le condizioni inserite nell’offerta.

Il Massimo Giudice amministrativo ritiene che, la stazione appaltante, ben  può procedere alla disamina della offerta  del concorrente, ritenendola anomala anche sulla base di documenti estranei alla gara. Per equipollenza di posizioni, come l’impresa può addurre a suo discapito ogni elemento utile al fine di fugare il sospetto di anomalia, così  pure la stazione appaltante può ricavare, dall’esame dell’offerta presentata, le ragioni che la inducono a sospettare la stessa di anomalia, ex art. 86, comma 2, D. L.vo N° 163 del 2006. In ossequio alla par condicio tra concorrenti, ove la Commissione di una gara pubblica reputi anomala un’offerta presentata e chieda all’impresa partecipante giustificazioni, quest’ultima non può in alcun modo modificare consistenza e qualità dell’offerta, né  pretendere che la Commissione giudicatrice modifichi i criteri utilizzati per la determinazione del punteggio tecnico ed economico. Consiglio di  Stato, Sez. VIª, 5 aprile 2012, N° 2026. <!––>


 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso r.g.a.n. 5007/2011, proposto dalla:
A.R. s.r.l., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avv.ti Luigi Manzi, Fulvio Lorigiola e Luciana Palaro, con domicilio eletto presso lo studio del primo, in Roma, via Confalonieri, 5;

contro

l’Università degli studi di Padova, in persona del rettore in carica, rappresentato e difeso dall’avv. Chiara Cacciavillani, con domicilio eletto presso il suo studio, in Roma, via Tacito, 41;

nei confronti di

la La.res. – Lavori di restauro s.r.l., quale capogruppo a.t.i., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avv.ti Nicola Marcone e Pier Vettor Grimani, con domicilio eletto presso lo studio del primo, in Roma, piazza dell’Orologio, 7;
l’a.t.i. – Mag Costruzioni s.r.l., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avv.ti Stefania Lago e Salvatore Di Mattia, con domicilio eletto presso lo studio del secondo, in Roma, via Federico Confalonieri, 5;
l’a.t.i. – Vetex s.r.l., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avv.ti Stefania Lago e Salvatore Di Mattia, con domicilio eletto presso lo studio del secondo, in Roma, via Federico Confalonieri, 5;
l’a.t.i. – Edilrestauri e l’a.t.i. Rws, in persona dei rispettivi legali rappresentanti in carica, entrambe n.c.;

per la riforma

della sentenza del T.a.r. Veneto, Venezia, sezione I, n. 00457/2011, resa tra le parti e concernente l’affidamento dei lavori di restauro conservativo del Cortile antico del Palazzo del Bò di Padova e connesso risarcimento dei danni.

 

 

Visti il ricorso in appello ed i relativi allegati.

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Università degli studi di Padova, della La.res., della Mag Costruzioni e della Vetex appellate.

Visti tutti gli atti e documenti di causa.

Visti gli artt. 3, 74 e 120, comma 10, c.p.a. (d.lgs. 02 luglio 2010 n. 104 e d.lgs. 15 novembre 2011 n. 195).

Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 24 gennaio 2012, il Consigliere di Stato Aldo SCOLA ed uditi, per le parti, gli avvocati Andrea Manzi, per delega di Luigi Manzi, Cacciavillani, Grimani, e Di Mattia.

Ritenuto e considerato, in fatto e diritto, quanto segue:

 

 

FATTO

A) Con il ricorso originario veniva impugnata la sequenza procedimentale che aveva condotto all’esclusione dell’offerta della ditta ricorrente, in seguito a negativa verifica di anomalìa, ed all’aggiudicazione al raggruppamento controinteressato.

La procedura di gara, per il restauro della sede storica dell’Università di Padova, nota come Palazzo del Bò, aveva infatti visto come aggiudicataria provvisoria l’originaria ricorrente, sia per il valore tecnico dell’offerta sia per il prezzo.

Risultando, tuttavia, il punteggio della prima classificatasi superiore ai quattro quinti del massimo per il progetto e per il prezzo, con nota 10 marzo 2010 il responsabile del procedimento aveva richiesto di presentare le giustificazioni relative alle voci di prezzo offerte, nonché relative agli altri elementi di valutazione dell’offerta, ai sensi dell’art. 87, comma 1, d.lgs. n. 163/2006.

In particolare, tra i fattori che, secondo la nota del responsabile del procedimento, la ditta avrebbe dovuto considerare onde motivare il prezzo, vi sarebbero stati i dati di cui alla tabella A, fornita direttamente dalla stazione appaltante e relativa all’incidenza delle varie voci rispetto al prezzo globale offerto: per la valutazione del valore desumibile dal quadro d’incidenza della manodopera di progetto, la nota prescriveva espressamente di assumere quale necessario riferimento l’elaborato i.man., facente parte del progetto esecutivo e messo a disposizione di tutte le imprese fin dall’origine.

Il 24 marzo 2010 venivano proposte le giustificazioni tecniche, allegandosi documentazione per il costo della manodopera, dati tutti che la commissione (secondo la parte ricorrente, illegittimamente, date le sole quattro ore di lavoro dedicate all’esame della documentazione, consistente in più di 160 pagine) aveva ritenuto di respingere.

Venivano poi richiesti ulteriori chiarimenti, in rapporto ai quali l’originaria ricorrente aveva proposto una seconda articolata spiegazione, con relazione accompagnata da ampia documentazione, esaminata dalla commissione il 06 maggio 2010.

In tale seduta i commissari avevano valutato come congruo il costo unitario della manodopera, indicato dalle imprese nelle analisi dei prezzi, ma avevano insistito nel ritenere non congruo il monte ore che l’offerente assumeva essere sufficiente per eseguire a regola d’arte le prestazioni oggetto dell’appalto, ritenendo sottostimate di circa il 50% – rispetto all’ipotesi di progetto – le tempistiche indicate dall’offerente ed a tal fine richiedendo al responsabile del procedimento di essere coadiuvati da un esperto in conservazione dei beni culturali, per avere un ulteriore riscontro in rapporto a quanto sopra riportato.

La commissione, prima di escludere l’offerta presentata e ritenuta eccessivamente bassa, decideva di convocare la stessa impresa, affinché indicasse ogni elemento ritenuto utile, mentre nella stessa data veniva autorizzato l’affidamento, alla dr.ssa Giovanna Alessandrini di Milano, della prestazione professionale relativa al supporto della commissione giudicatrice nella fase di valutazione dell’offerta anomala, con particolare riguardo alla congruità del valore della manodopera, indicato dall’impresa per l’attuazione delle singole fasi operative.

La commissione, nella seduta del 03 giugno 2010, escludeva la ditta ricorrente, con decisione comunicata con nota del giorno successivo, per poi procedere all’aggiudicazione definitiva, una volta eseguiti con esito positivo, nei confronti della controinteressata, i controlli ex art. 48, codice degli appalti.

Contro tale provvedimento ricorreva la A.R. s.r.l., deducendo vari motivi di censura.

Si erano costituite in giudizio l’amministrazione e l’impresa controinteressata, resistendo al ricorso, come faceva pure il raggruppamento secondo classificato, con intervento ad opponendum, autore peraltro di un ricorso nei confronti dell’aggiudicazione, deciso in pari data da questa stessa sezione.

B) I primi giudici respingevano il ricorso con sentenza prontamente impugnata dalla A.R. s.r.l. – soccombente in prime cure – per le seguenti doglianze (illustrate anche in due apposite memorie, di cui una riepilogativa ed una di replica):

1) viene censurata anzitutto la violazione della normativa di gara, con particolare riguardo ai parametri tecnico-economici di cui al progetto esecutivo, sul quale era stata indetta la procedura aperta.

In particolare, la lamentata sottostima di circa il 50% della manodopera sarebbe derivata da un elaborato “analisi prezzi unitari ana.p.”, non conosciuto nella disciplina di gara e costituente il documento pre-istruttorio con il quale la stazione appaltante si sarebbe poi commisurata per predisporre la base di gara, con un risultato palesemente illegittimo, in quanto le giustificazioni offerte sarebbero state necessariamente parametrate sui criteri contenuti nella correlativa richiesta, contemplante che il costo della manodopera per ciascun genere di lavoratori non avrebbe dovuto essere inferiore ai dati ufficiali del contratto per le imprese rientranti nella pertinente categoria, mentre l’eventuale scostamento, rispetto al valore desumibile dal quadro d’incidenza della manodopera di progetto (in rapporto all’elaborato i.man.), avrebbe dovuto essere adeguatamente motivato, precisandosi che nella fattispecie erano state utilizzate le tabelle del Genio civile di Padova, ente competente per la predisposizione delle tabelle ministeriali, secondo cui il costo medio orario sarebbe stato pari a circa euro 28,50 e valutato come congruo dalla commissione di gara.

2) Nell’ambito della stessa censura si deduce, altresì, la contraddittorietà della decisione che non condividerebbe la sottostima del 50 % della manodopera, effettuata dalla commissione di gara, ipotizzando una riduzione del monte ore complessivo del solo 10%, senza trarne la necessaria conseguenza dell’illegittimità dell’atto.

3) La presunta discrasia nell’offerta di A.R. s.r.l., quanto all’esecuzione dei dipinti murali, fra monte ore e cronoprogramma, enfatizzata nel provvedimento impugnato, sarebbe stata censurata nel ricorso originario ma la sentenza di primo grado non avrebbe affrontato la questione.

4) Non potrebbe accettarsi che la sentenza gravata abbia attribuito un significato sproporzionato, come si legge alle pagine 15 e 16 della stessa pronuncia, ad una serie di fattori del tutto marginali nella valutazione svolta dalla commissione.

Comunque, quanto al costo dei materiali e del trasporto, si sarebbe fornita una casistica molto ampia e comprovante come, per opere di restauro similari, le voci di costo quali materiali, trasporti, noli ed altri fossero sempre sensibilmente più basse rispetto a quelle indicate nell’elaborato i.man.; sarebbe stata, altresì, fornita una spiegazione riferita allo specifico cantiere in esame e mai contraddetta nel merito dalla commissione.

In particolare, quanto al costo dei materiali (“criticità n. 4”), l’impresa ricorrente avrebbe provato poter essere gli stessi inferiori alle stime progettuali, così peraltro non solo mantenendo ma addirittura migliorando la qualità delle prestazioni.

Quanto al calcolo del trasporto, il collegio di prima istanza non si sarebbe accorto che molto note “analisi dei prezzi unitari” avevano utilizzato il sistema del calcolo in percentuale del costo dei materiali e che in molte voci non si erano date affatto indicazioni di spese di trasporto, pur facendo comparire quantità di materiali.

La sentenza gravata, sostituendosi a una valutazione di merito propria della stazione appaltante, avrebbe ritenuto non condivisibili i costi dei trasporti dichiarati dalla A.R., limitandosi, come già osservato dall’Università di Padova, a mere affermazioni apodittiche.

Quanto all’attrezzatura indicata come “varia”, la commissione di gara ed il giudice di primo grado non avrebbero compreso che tutta questa voce avrebbe dovuto riferirsi a beni già di proprietà della ditta A.R. s.r.l., che per tale motivo non avrebbe stimato costi, così risultando “fuorviante” l’argomento addotto dal T.a.r. Veneto, secondo cui, per quanto limitati, i noli previsti nell’offerta avrebbero dovuto comportare un costo.

Illogiche sarebbero state le insistite contestazioni circa l’uso del servizio di aspirazione, pur dopo le correzioni apportate dall’impresa in sede di chiarimenti, peraltro non volendo evidentemente considerare trattarsi di una voce del valore massimo intorno ai cinquemila/00 euro.

Ed altrettanto dicasi per il rilievo negativo della commissione sui seicentoquaranta/00 euro previsti per l’uso del suolo pubblico, benché fosse stato addirittura spiegato, nella lettera del 15 aprile 2010, che tale onere era stato considerato “a carico del fornitore”.

Palesemente incongruenti sarebbero stati anche i rilievi critici confermati nella seduta del 03 giugno 2010, nonostante venisse in rilievo un valore di euro cento/00 per la direttrice operativa di cantiere, mentre per i signori Galeazzo e Socrate la ditta A.R. s.r.l. avrebbe spiegato che questi, in quanto soci, avrebbero avuto soddisfazione nella ripartizione degli utili.

Conclusivamente, in merito a tutti i profili indicati, ribadisce l’appellante che essi avrebbero trovato amplissima copertura nei risparmi dichiarati e nei margini evidenziati e dimostrati, circostanza quest’ultima che il T.a.r. Veneto non avrebbe in alcun modo considerato.

5) L’Università di Padova avrebbe dovuto considerare la possibilità di cui al comma 3 dell’art. 86, codice degli appalti, che consente, “in ogni caso” alle stazioni appaltanti di valutare “la congruità di ogni altra offerta che, in base ad elementi specifici, appaia anormalmente bassa”; ad avviso dell’appellante, infatti, in base all’elaborato “analisi prezzi unitari –ana.p.”, esplicitamente assunto a parametro per valutare (illegittimamente) l’offerta di A.R. s.r.l., vi sarebbero probabilità prossime alla certezza di riscontrare, per ogni altra offerta, un monte ore sensibilmente inferiore alle oltre 43.000 ore lavorative in tale documento previste, come si desumerebbe in particolare dall’offerta dichiarata aggiudicataria.

6) Infine, nulla si leggerebbe nella sentenza gravata a proposito della nomina della consulente Alessandrini, al riguardo limitandosi la stessa ad affermare come il suo operato non sia “risultato decisivo per l’adozione del provvedimento di esclusione, sicché le censure vòlte a contestare la legittimità della sua nomina sono del tutto irrilevanti”, malgrado l’esplicito riferimento alla consulenza in questione.

Si costituivano in giudizio l’Università di Padova, la La.res. s.r.l., la Mag Costruzioni s.r.l. e la Vetex s.r.l., che resistevano al gravame, argomentando, pure in riassuntive memorie, circa le ragioni della loro opposizione alle tesi dell’attuale appellante.

All’esito della pubblica udienza di discussione la vertenza passava in decisione.

DIRITTO

L’appello è infondato e va respinto, previa logica ricostruzione delle dedotte censure, sintetizzabili come di seguito prospettato.

I) In relazione alla prima doglianza, il collegio osserva che il bando ed il disciplinare di gara prevedevano che l’offerta economica dovesse essere espressa formulando un ribasso sull’elenco dei prezzi e che la documentazione avrebbe dovuto comprendere l’elenco dei prezzi unitari, il computo metrico ed il computo metrico-estimativo, oltre ovviamente ai disegni.

Sarebbe stato onere dell’impresa formulare l’offerta economica, tenendo presenti i prezzi indicati dalla stazione appaltante, la descrizione dei lavori contenuta nel relativo elenco e nel computo metrico, nonché i disegni progettuali, e valutando il tempo necessario per l’esecuzione dei lavori stessi in base a tali elementi.

L’offerta avrebbe dovuto essere formulata considerando i concreti lavori da eseguire, sulla base del progetto e dei disegni; per la formulazione del prezzo, poi, avrebbero dovuto tenersi presenti l’elenco dei prezzi predisposto dalla stazione appaltante, nonché il computo metrico ed il computo metrico estimativo, documenti tutti messi a disposizione delle varie imprese concorrenti.

L’impresa avrebbe dovuto svolgere i propri calcoli per verificare il costo del lavoro, valutando il da farsi in base al progetto, con la descrizione delle lavorazioni di cui al computo metrico, onde individuare anche la quantità di manodopera necessaria, e preventivarne il costo: la valutazione tecnica avrebbe dovuto servire ad individuare la migliore offerta, riguardando la verifica di congruità piuttosto la valutazione della possibilità di realizzare le lavorazioni richieste mediante l’enunciato impiego della manodopera.

Sotto tale profilo, l’esclusione dell’offerta dell’attuale appellante si ricollega ad un’evidente sottostima della necessaria quantità di manodopera, implicante la più cospicua voce di costo, in base ad una complessiva valutazione di detta offerta.

II) In rapporto alla seconda censura di cui al presente appello (sostanzialmente coincidente con il principale motivo di cui al ricorso di prima istanza), la commissione di gara aveva rilevato una discrepanza di circa la metà quanto alla manodopera ed ai tempi di esecuzione necessari ad ultimare i discussi lavori, per la loro obiettiva ed estrema complessità.

Al riguardo non può sostenersi che la valutazione di anomalìa fosse già implicitamente superata dall’accertata valutazione e ponderazione dell’offerta tecnica, corrispondendo l’attribuzione del punteggio in tale sede e l’accertamento della congruità di tale offerta a distinte esigenze e fasi della procedura, ciascuna munita di autonomia e presupposti propri.

III) Passando all’esame del terzo motivo d’appello (come dalla narrativa in fatto), la commissione non poteva non ravvisare la presenza di contraddizioni fra analisi dei prezzi e cronoprogramma, in rapporto alla quantità di personale, alla luce della discrasia riscontrata nell’offerta della A.R., quanto alle esigenze di esecuzione dei dipinti murali, con tre squadre costituite ciascuna da tre tecnici, per un totale di nove soggetti impegnati, divenuti solo cinque nella tabella delle analisi dei prezzi: la ravvisabile differenza tra arco temporale necessario per completare l’opera e tempistica in termini di ore per addetto al completamento di tali lavorazioni non poteva riferirsi soltanto alla presenza di tempi morti non esattamente computabili, voce idonea a togliere fondamento a qualsiasi previsione di spesa, quanto meno in rapporto ad un numero di soggetti neppure coincidente nelle citate offerta e tabella prezzi.

Al che deve aggiungersi come la stazione appaltante potesse procedere alle occorrenti valutazioni di congruità servendosi non solo della documentazione di gara ma anche di documenti estranei alla medesima, nel doveroso rispetto dell’art. 86, comma 2, codice degli appalti pubblici: nella specie, l’elemento di costo ricollegabile alla manodopera era quello palesemente preponderante, per cui correttamente la commissione giudicante lo aveva valutato con la dovuta priorità, in base all’analisi dei prezzi già utilizzata per individuare quello da porre a base di gara, finalità cui era estraneo il c.d. i.man. o quadro d’incidenza della manodopera (generica sintesi delle voci complessivamente poste a fondamento del discusso appalto).

Peraltro, anche nel caso di una prospettabile discrepanza tra i.man. ed ana.p., la stazione appaltante non avrebbe potuto che dare la prevalenza all’analisi dei prezzi contenuta nel secondo elaborato, dovendo l’impresa interessata formulare l’offerta valutando adeguatamente l’incidenza della manodopera rispetto al ribasso sul computo metrico-estimativo, fondato sui prezzi unitari.

D’altro canto, non avrebbe potuto richiedersi una ricognizione dell’anomalìa anche per l’offerta della ditta aggiudicataria, posto che la stessa era stata, come l’impresa attuale appellante, all’uopo sorteggiata ed appositamente controllata ai sensi dell’art. 48, codice dei pubblici appalti, con valutazione immune da ogni censura.

Neppure avrebbe potuto convenirsi circa la tesi dell’A.R., secondo la quale solamente in base ai documenti di gara avrebbe dovuto valutarsi la congruità dell’offerta, posto che, per un principio di equiordinazione, come le giustificazioni che l’impresa sospetta di anomalìa può addurre, per superare le motivate osservazioni rivoltele dalla stazione appaltante, non devono limitarsi alla documentazione già offerta e contenuta negli atti di gara, ma possano spaziare fra tutto ciò che l’impresa ritenga utile a tal fine, correlativamente anche la stazione appaltante può ricavare, dall’esame dell’offerta presentata, le ragioni che la inducono a sospettare l’offerta di anomalìa, come nella specie, in cui la stessa appariva conclamata, ex art. 86, comma 2, codice degli appalti pubblici.

IV) In relazione alla quarta doglianza qui dedotta, il collegio osserva che il punteggio tecnico è proporzionale alla consistenza ed alla qualità delle prestazioni, mentre il punteggio economico è inversamente proporzionale al prezzo offerto, perché l’offerta di prestazioni aventi consistenza e qualità elevate comporta necessariamente, da parte dell’offerente, l’impiego di risorse umane e materiali di consistenza e qualità superiori a quelle previste da un altro concorrente, che abbia offerto, invece, prestazioni di minor valore complessivo, e le risorse umane e materiali di consistenza e qualità elevate hanno, di regola, un costo superiore a quello di risorse umane e materiali di consistenza e qualità inferiori.

Ne consegue che l’offerta, ritenuta di notevole qualità tecnica complessiva (con punteggio tecnico alto), deve indicare un prezzo elevato e conseguire, quindi, un punteggio economico modesto: ove ciò non avvenga, deve sospettarsi che il concorrente abbia promesso di fornire prestazioni di consistenza e/o qualità superiori a quelle che sarebbe stato effettivamente in grado di elargire nel caso di aggiudicazione.

Donde il sospetto che l’offerta sia anomala e l’obbligo dell’amministrazione di verificarne la congruenza, con richiesta delle necessarie giustificazioni.

Deve porsi in evidenza come l’offerta dell’attuale appellante fosse apparsa alla commissione giudicante (non vincolata alla sola documentazione di gara ma legittimata ad esaminare ogni parametro di riferimento utile ed utilizzabile, come l’ana.p. e non l’i.man., mero riassunto delle voci generali costituenti la base di gara) del tutto insufficiente quanto all’indicato monte ore di manodopera; come sia inammissibile, in appello, la censura concernente l’asserito contrasto tra l’utilizzato strumento dell’ana.p. per la quantificazione della manodopera (con offerta inferiore del 10% rispetto all’individuato monte ore) ed il costo orario della stessa, doglianza neppure dedotta in prime cure, mentre sussiste solo una facoltà e non un obbligo, per la stazione appaltante, di sottoporre a verifica di anomalìa ogni altra offerta (compresa quella della La.res., verificata dopo il sorteggio), salva comunque la legittimità della disposta consulenza esterna, che nessuna norma impediva.

È ovvio che il concorrente, chiamato a fornire le giustificazioni, non può in alcun modo modificare la consistenza e la qualità delle prestazioni descritte nella sua offerta né, tanto meno, pretendere che la commissione giudicatrice modifichi i criteri utilizzati per determinare il punteggio tecnico e quello economico dell’offerta medesima, in quanto ambedue i citati comportamenti altererebbero la par condicio fra i concorrenti e modificherebbero i presupposti fondanti la valutazione della commissione, vale a dire, da un lato, l’offerta presentata e, dall’altro, i criteri di valutazione adottati (cfr. C.S., sezione IV , dec. n. 7442/2009).

V) In rapporto alla quinta doglianza di cui al presente gravame, in tema di anomalìa, la sezione ricorda che la valutazione negativa espressa dalla stazione appaltante dev’essere assistita da una congrua e puntuale motivazione e l’offerta va valutata non scorporandone singole parti ma nella sua affidabilità complessiva (cfr. C.S., sezione V, dec. 7631/2010), onde accertare se il potere amministrativo sia stato esercitato in modo conforme ai criteri di logicità, razionalità, rigore e coerenza.

Al riguardo, deve solo precisarsi – per tale profilo semplicemente integrando la motivazione dell’impugnata pronuncia – che l’apparente contraddizione tra la sottostima del monte ore di manodopera della commissione di gara (poco meno del 50%) e quella invece ritenuta dal T.a.r. (di poco superiore al 10%) si spiega considerando che detta commissione si era basata su di un esame complessivo della documentazione progettuale, peraltro, trascurando il c.d. elaborato ana.p. ma avendo cura di sottolineare che, pur volendo riferirsi al solo elaborato i.man. (come preteso dall’appellante A.R.), la riduzione del complessivo monte ore sarebbe sempre stata pari ad oltre il 10% (e, dunque, secondo la commissione di gara, idonea a supportare un fondato giudizio di anomalìa), come prospettato dalla stessa impresa interessata ed ipotizzato dai primi giudici: donde l’assenza di qualsiasi rilevante contraddittorietà fra le due posizioni.

Nel caso di specie, peraltro, ciò che non risultava giustificato non era il costo orario dichiarato dall’impresa ma il numero complessivo di ore ritenute necessarie per la realizzazione dell’opera, costituito dalla risultante del computo metrico-estimativo e dai disegni di progetto, individuandosi una riduzione del monte ore complessivo pari a più del 10%, non giustificata in relazione a un cantiere per restauro di particolare delicatezza, come quello oggetto della gara, cantiere, tra l’altro che non poteva essere realizzato all’interno del Cortile antico, che non permetteva di effettuare lo stoccaggio sia dei materiali oggetto di fornitura sia delle attrezzature dell’impresa.

Quanto all’incidenza del costo di trasporti i materiali e noli, proprio in rapporto all’i.man. (recante l’incidenza della manodopera sul prezzo base di gara, al fine di valutare l’adeguatezza degli oneri previsti per la sicurezza ed accertare la regolarità della posizione contributiva dell’impresa, ma non certo utile per la valutazione dei costi), l’impresa attuale appellante aveva indicato tale incidenza pari allo 0,56%, mentre il documento citato aveva puntualizzato tale incidenza addirittura come pari al 30%; se detti costi, di trasporto in cantiere dei materiali e delle attrezzature, fossero stati a carico dei fornitori, le surriferite circostanze avrebbero implicato che materiale ed attrezzature avrebbero dovuto essere conservati non già nella loro integralità né per l’intero periodo contrattuale ma per il tempo necessario per le singole lavorazioni, per cui l’incidenza stimata non avrebbe potuto essere quella indicata: costi che peraltro la commissione aveva chiesto alle imprese di dettagliare e giustificare, mentre l’impresa in questione si era limitata ad indicare una percentuale fissa relativa, giustificazione condivisibilmente non accolta dalla commissione, avendo ogni tipo di lavorazione un suo costo specifico.

Inoltre, sebbene talune attrezzature fossero di proprietà di tale impresa, giustificandosi così il costo offerto e pari a zero, i noli, contenuti nell’offerta, avrebbero dovuto comunque comportare una spesa, ma di essi non vi era traccia nelle giustificazioni.

VI) Passando, infine, all’esame del sesto ed ultimo motivo di gravame risulta chiaro che l’intervento esterno della consulente dr.ssa Alessandrini (limitato all’argomento dei costi orari della manodopera – secondo l’elaborato i.man. – ritenuti congrui, al contrario del relativo monte ore concernente il personale ed indicato nel cronoprogramma in circa 21.000 ore, come pure dei troppo esigui costi e quantità dei materiali, per cui – contraddittoriamente – l’elaborato i.man. non avrebbe dovuto utilizzarsi, sempre secondo l’attuale appellante) era giunto soltanto dopo che la commissione si era formata il proprio convincimento (cfr. C.S., sezione VI, dec. n. 3146/2009) circa le criticità complessivamente determinanti un giudizio di anomalìa della discussa offerta, attinente ad un luogo (il c.d. Cortile antico) non idoneo ad ospitare una semplice baracca di cantiere, con correlativi costi ingenti per il trasporto dei materiali necessari.

Al riguardo, è appena il caso di osservare come una commissione di gara ben possa avvalersi di consulenze esterne per meglio poter valutare elementi di ipotizzabile criticità, anche nel corso di un procedimento già avviato, né il convincimento dell’eventuale consulente dev’esser fatto conoscere preventivamente all’impresa interessata, le cui giustificazioni ovviamente lo precedono: nella fattispecie, si era trattato di un semplice supporto ulteriore rispetto a quanto già deliberato dalla commissione, circa il più tecnico profilo delle rilevate criticità, e la corrispondenza tra i dati mutuati dalla dr.ssa Alessandrini e l’elaborato ana.p., ben lungi dal togliere fondamento al giudizio espresso dall’Università, lo aveva confermato nei suoi contenuti, tanto più in assenza di una perizia di parte di A.R. (dato che solo un nuovo giudizio tecnico avrebbe potuto validamente confrontarsi con un pregresso giudizio anch’esso tecnico).

Per concludere sul punto, l’avvenuta formalizzazione a posteriori della nomina di tale consulente esterno non ha costituito altro che uno dei tanti casi di provvedimento adottato all’esito del relativo procedimento ed a definitivo supporto del medesimo, in alcun modo inficiante l’operato della stazione appaltante.

Da quanto sopra deriva, conclusivamente, il rigetto dell’appello (per la riscontrata legittimità degli atti impugnati in prima istanza, con connessa esclusione di ogni ipotizzabile pretesa risarcitoria), con salvezza dell’impugnata sentenza e spese ed onorari del secondo grado di giudizio compensati per giusti motivi tra le parti costituitevi, tenuto anche conto del loro reciproco comportamento processuale e della natura della vertenza.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione VI, respinge l’appello (r.g.n. 5007/2011).

Spese ed onorari del secondo grado di giudizio compensati.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 24 gennaio 2012, con l’intervento dei giudici:

 

 

 

 

Giancarlo Coraggio, Presidente

Aldo Scola, Consigliere, Estensore

Maurizio Meschino, Consigliere

Roberto Giovagnoli, Consigliere

Claudio Contessa, Consigliere

 

 

 

 

L’ESTENSORE IL PRESIDENTE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 05/04/2012

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

_________________________________________________________

Studio Legale Avvocato Francesco Noto  – Cosenza

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